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domenica 19 maggio 2024 | ore 05:26

Un mondo sempre più da interpretare

Tra violenza reale e percepita, consigli su come relazionarsi in famiglia
Attualità - Un mondo da interpretare (Foto internet)

La percezione del mondo che ci circonda è molte volte influenzata dai mezzi di comunicazione, spesso ‘specchio della realtà’, spesso con eccesso di cinismo per attrarre pubblico. Dal delitto di Avetrana alla sparizione della giovane Yara, dagli episodi di violenza sulle donne (basti pensare al caso avvenuto settimana scorsa a Castano Primo) fino ai violenti scontri tra studenti e Forze dell’ordine di questo inizio di settimana. Senza contare l’immancabile violenza negli stadi, il dibattito politico sempre più accesso e le recenti rivelazioni di Wikileaks. Per aiutare a comprendere e percepire questi fenomeni abbiamo chiesto un parere alla dottoressa psicologa Patrizia Mariani. E’ giusto/opportuno parlarne e mostrarle ai figli? “Non ritengo sia possibile e realistico preservare i figli dalla conoscenza di certe notizie che spesso, per come attualmente viene gestita l’informazione, entrano nelle case “a tradimento”, se non con la decisione, irrealizzabile e non risolutiva, di eliminare gli strumenti di informazione dalle proprie case”. Come spiegare alcune notizie ai minori? Innanzitutto non si deve pensare che sia giusto spiegare a tutti i costi. I bambini hanno in sè una capacità autoregolatoria per la quale decidono se e quando sono pronti a sentir parlare di determinati argomenti. La cosa importante è di lasciare in loro sempre l’idea che c’è da parte dei genitori sempre la disponibilità a parlarne. Importante ancora è osservare i nostri figli quando guardano la televisione (mai da soli ovviamente e questo è fuori discussione) e cercare di carpire le loro emozioni e il loro livello di attenzione. Inoltre si deve sempre lanciare uno stimolo o l’invito a parlarne, soprattutto se si è notato che il bambino ha avuto delle particolari reazioni di fronte ad una notizia sia verbali (domande esplicite, commenti) che non verbali (ha sgranato gli occhi, ha smesso di portarsi la forchetta alla bocca, si è agitato ...). e’ possibile che egli si rifiuti il quel momento specifico di avere dei chiarimenti, ma deve aver ben chiaro che potrà richiederli più avanti. Spesso i bambini portano alla luce le loro domande nei momenti meno opportuni, bisogna tenersi pronti. Se poi, durante il dialogo, i bambini interrompono, si distraggono, non dobbiamo arrabbiarci o richiamarli all’ascolto. Questo avviene perchè, proprio in merito alla loro capacità autoregolatoria, sanno fino a che punto possono tollerare o meno un certo argomento. Bisogna tenere nei loro confronti un linguaggio per loro comprensibile, che possa rifarsi alla loro quotidianità. Se la loro domanda fosse: “può succedere anche a me? Può succedere anche a voi?” è importante rassicurarli sulla protezione che come genitori eserciterete sempre su di loro oppure sul fatto che le emozioni, per quanto forti e negative che siano, possono essere gestite in molti modi, positivi e costruttivi, non necessariamente distruttivi. Come stimolare un dibattito familiare su argomenti delicati? “In questo caso la parola chiave è ‘educazione al dialogo’. il dibattito può attivarsi solo all’interno di un contesto familiare in cui si è abituati ad ascoltarsi reciprocamente, ad esprimere liberamente la propria opinione, a non prevaricare l’altro con il proprio punto di vista .Questa esposizione mediatica che quasi ‘giustifica’ la violenza o quanto meno la rende ‘normale’ può creare emulazione? “Effettivamente, così’ come confermato dalla psicologa Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dell’età evolutiva all’Università della Sapienza di Roma, il continuo sottoporre i bambini alla violenza, che sia virtuale attraverso film, pubblicità o giochi elettronici, o reale, trasmessa dai canali di informazione, li può portare prima all’assuefazione, poi a una sorta di aspettativa, sino al punto in cui la violenza stessa arriva a esercitare una sorta di fascino e di sentimento d’immedesimazione”. (Si ringrazia Patrizia Mariani, psicologa, mail: dottoressa_mariani [at] libero [dot] it)

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